Che cosa facciamo nei carceri minorili della Sierra Leone?

Ibrahim all’età di 13 anni è stato arrestato con l’accusa di furto e messo a Padenba, il famigerato carcere per adulti della Sierra Leone. Ho avuto modo di vedere molte volte cosa vuol dire ammassare 1600 detenuti in un posto in cui sarebbero già tanti 300. Un posto disgraziato per gli adulti, figurarsi per dei minorenni. In Sierra Leone funziona così, in barba alle norme internazionali che chiedono di separare le detenzioni dei minorenni, ancora oggi molti di loro vengono ingiustificatamente inviati a Pademba.

Durante i tre anni che Ibrahim ha trascorso in quel carcere ha vissuto e visto ogni genere di violenza e di sopraffazione, spazi angusti dove centinaia di persone dormono come egli stesso mi ha detto “come pesci nelle scatole”. Ha visto uccidere, ferire, violentare nell’indifferenza delle autorità.

Dopo tre anni adesso è nel carcere minorile e lo stiamo aiutando a restituire un senso alla sua vita. Forse è questa la cosa più affascinante, ossia riuscire a confrontarsi con una delle espressioni più terribili dell’inferno in terra. In questi dieci anni nei carceri minorili di Freetown ho parlato con centinaia di loro, tutti disgraziati dalla nascita: madri e padri spesso sconosciuti o morti, vite passate sulla strada a sopravvivere con le unghie e con i denti, criminalità e soprusi, furti, omicidi. Provate a immaginare quale genere di disincanto essi vivano nella loro testa. Ebbene partiamo da queste immense ferite per dare loro una speranza.

Siamo presenti nei carceri con gli operatori di RCRC per provvedere all’assistenza che lo stato non può dare: medica, psicologica, sociale, materiale, legale e riabilitativa. Un lavoro immenso!

Prof. Roberto Ravera